LA CRITICA
Milo Bianca è un artista trevigiano che ha frequentato, fin da giovane, lo studio di Giulio Ettore Erler e, successivamente, quello di Carlo De Roberto e di Toni Benetton. La sua formazione, quindi, avviene a diretto contatto con il “fare arte”. La sua presenza costante in esposizioni collettive e personali di pittura e la sua prima produzione testimoniano di un iniziale approccio ad un naturalismo che molto si confà con la genesi di un artista veneto. Il suo percorso artistico è avvenuto linearmente, seguendo le testimonianze dell’evoluzione dell’arte italiana e straniera che, a partire dagli anni Cinquanta del Secolo scorso, giunge integra al contemporaneo. La stessa collocazione di sue opere in collezioni italiane e straniere ci conforta sulla singolarità del suo operare. Inoltre il nostro artista si è formato in un ambiente familiare in cui si respirava arte 365 giorni all’anno e 24 ore su 24 al giorno, godendo così della possibilità di arricchirsi, di assorbire, di assimilare, di meditare sui modi e sulla visione del reale. È rilevante sottolineare come l’artista non abbia timore di confrontarsi con i luoghi della memoria, quei luoghi in cui la storia ha trovato collocazione per essere testimonianza: i musei, per esempio, dove avviene l’incontro con le opere di Arturo Martini, Umberto Moggioli, Gino Rossi, Teodoro Wolf Ferrari, con quegli autori che testimoniano la tradizione della cultura figurativa di un intero Secolo.
Milo Bianca si è confrontato con suggestioni stilistiche ed atmosfere coinvolgenti, eleganti composizioni cromatiche, impulsi gestuali, ma, soprattutto, fino agli anni Settanta, la sua attenzione è stata rivolta proprio alla rivisitazione dell’espressionismo spostandosi, alle volte, verso alcuni artisti francesi, i più rappresentativi di questo linguaggio. Ed è proprio da loro che ha ricavato il valore ed il “gusto” del colore che in lui è proprio innato: un colore equilibrato, tra toni e timbri, capace sempre di evocare atmosfere particolari. Gli spazi sono risolti con minimi segni e tenui colorismi, in cui si evidenzia un tentativo di proporre l’infinità dei luoghi e la rarefazione della luce in una continua, addirittura martellante, scomposizione e ricomposizione dei soggetti.
Quello che si verifica, ad un certo momento, nella pittura di Milo Bianca è uno spostamento da una rappresentazione naturalistica all’accentuazione proprio dell’uso del colore, che viene invocato per attuare una traduzione dell’immagine in una forma d’interpretazione della materia stessa, plasmata sulla tela, spingendosi verso l’astrattismo. A partire dagli anni Novanta, possiamo dire che la conclusione stilistica cui approda Bianca è indirizzata ad un recupero del segno e del colore, utilizzati per una traduzione più emozionale della rappresentazione. L’approdo finale dell’artista è relativo al connubio musica e pittura che è diventato fondamentale nella sua arte. Il rimando a Kandinskij appare, perciò, naturale. “Il valore del verde chiaro e vivace, del bianco, del nero, del rosso carminio e del giallo ocra, viene così sottolineato. Sono impressioni che diventano un elemento tangibile per rapportarsi ad altre emozionanti sensazioni, come quelle che si possono ricavare dall’ascolto della musica e dalle relazioni interconnesse tra musica e pittura.”
Di Bianca si può evidenziare come, ad un primo approccio, quello che emerge dalle sue opere sia un sentimento di solarità, di profonda dolcezza e di acuta sensualità. Bianca come Kandinskij annuncia un messaggio definitivo sulla sua arte: “Io sogno un’arte equilibrata, pura, tranquilla, senza soggetti inquietanti e preoccupanti, che sia per ogni intellettuale, per ciascuno di noi un esempio lenitivo, un calmante cerebrale”. È proprio grazie al connubio tra la sensibilità della visione e dell’ascolto e la traduzione di un’immagine su una tela che il segno ed il colore assumono un compito estetizzante fondamentale. Uno dei risultati più originali e rilevanti di Bianca è quello di avere ridotto la sua percezione all’identificazione diretta di una forte sensibilità, destinata alla riproduzione di emozioni su uno spazio piano in cui si esprime liberamente.
Così, all’improvviso, dagli anni Novanta, folgorato dalla musica, Milo Bianca si cimenta nella sua rappresentazione: sembra quasi che l’ansia della conoscenza si sia placata nella traduzione non di iconografie inconsce, ma nell’interpretazione delle rilevanti emozioni che il suono produce sulla sensibilità dell’artista che si trova a raccontare le proprie emozioni e sensazioni, utilizzando gli strumenti che gli sono più congeniali: la tela, il pennello, i colori; ma, soprattutto, avvalendosi di una profonda ed incredibile sensibilità acquisita anche attraverso i mass media.
Per arrivare a questi risultati i percorsi sono due: uno musicale, l’altro artistico. Quello musicale avviene attraverso una passione viscerale nei confronti della musica e di un genere assolutamente non facile, ma frutto di una situazione e di un’emotività profonde: il jazz. Solo chi è stato formato ad ascoltare il valore di certe sonorità è in grado di apprezzare questo genere musicale; più semplicemente la musica jazz è come la poesia ermetica: il suono, o meglio l’insieme dei suoni, è costituito da un’eliminazione di quanto risulta superfluo ed inutile per connotare un’armonia. Molto spesso, ascoltando musica, il giudizio che esprimiamo corrisponde alla nostra capacità di acquisire un messaggio musicale che è frutto dell’armonia di suoni prodotti da diversi strumenti, mentre il genere jazz ha eliminato tutto ciò che è naturale per la nostra sensibilità; per la comune sensibilità. Poiché quello che l’artista fa in pittura è proprio l’esprimersi con l’essenziale, il messaggio pittorico di Milo Bianca traduce le sensazioni e le emozioni in immagini, con l’uso di toni forti e di timbri improvvisi che portano ad un’azione veloce e scattante del gesto ed i colori sono forti e sensazionali: nero, blu, verde; mentre i colori tenui sono più pertinenti alla rappresentazione di emozioni profonde, di rappresentazioni che trasmettono dolcezza e tranquillità.
Negli ultimi quindici anni, dunque, Milo Bianca si è cimentato nell’interpretazione emozionale e nella traduzione pittorica di quanto la musica di alcuni compositori contemporanei poteva produrre sulla sua sensibilità di artista. È lo stesso artista a riferire come questo avvenga: “Il rapporto delle mie opere con la musica non risiede tanto nel trascrivere, attraverso segni, macchie di colore e uso di materiali i vari temi e i vari andamenti ritmici, quanto, invece, nel dar vita ad una istintiva improvvisazione, nata sia dall’ascolto della musica, che dal profondo amore per la natura”. In questo modo Bianca rappresenta, con i segni e con i colori, ciò che le suggestioni ed i turbamenti che vive ascoltando “Le catalogue des oiseaux” di Olivier Messiaen o addentrandosi nell’interpretazione pittorica della musica del Novecento, composta da Richard Strauss, Anton Webern, Antonio Casella, Sofia Gobaidulina, Pierre Boulez, Giacinto Scelsi, Morton Feldman, John Cage e Giusto Pio.
Il nuovo modo di concepire la pittura, l’arte secondo le esigenze della cultura contemporanea, costituisce, per lui, una nuova conquista e una nuova affermazione dei concetti evolutivi dell’arte come della cultura, anche se, bisogna dire che Milo Bianca non ignora l’apporto della tradizione e proprio partendo dalle nozioni e dalle tecniche tramandate nel tempo è stato capace di realizzare una vera evoluzione della sua pittura. Per questo motivo la strada che percorre lo porta ad un deliberato impiego di tecniche diverse anche informaliche assumono toni evocativi di “movimenti” musicali.
Le sue opere vanno pertanto osservate con questa precisa ottica e con questo intendimento. Si noterà facilmente allora come anche in Bianca ci sia stata un’evoluzione passando attraverso una pittura figurativa, cioè naturalistica, ad una pittura a carattere essenzialmente astratto, collocabile in un certo neoespressionismo astratto. Il passaggio non è certo stato facile né casuale, ma graduale e, soprattutto, motivato e rigenerante. Ogni artista, infatti, nel suo intimo è mosso dal desiderio di sperimentare nuove strade e, nello stesso tempo, di offrirsi agli altri, di presentare “qualcosa” di nuovamente positivo, ogni suo progredire è una vera ragion d’essere. Non si tratta di ricercare la novità fine a se stessa, bensì di un incentivo ad un cammino più spedito verso ideali sempre più concreti e realizzabili.
Bisogna dire che Milo Bianca sia riuscito nel suo intento, qualche volta la sua pittura potrà sembrare di non immediata comunicabilità e richiedere pause di riflessione e di concentrazione, così come lo è stato per lo stesso pittore, che non è giunto alle sue "scoperte" con immediata illuminazione, bensì dopo lunghe e, sicuramente difficili, esperienze. Bianca invita l'osservatore a penetrare nell'idea da lui espressa con l'immagine, per giungere a comprendere appieno il significato di quelle atmosfere che egli costruisce, elabora ed arricchisce di forme e di cromatismi, realizzando alle volte anche dei collage. D’altra parte la pittura moderna o contemporanea che dir si voglia, permette all'osservatore di aggiungere altri suoi pensieri a quelli già espressi dall'artista e di diventare così "co-creatore" delle sue opere. In un simile contesto è evidente l'ottimismo di Milo Bianca, in cui si riflette la sua serena sensibilità, la sua disinvolta “estroversibilità”, peculiarità che inondano con la loro presenza ogni opera. In questo modo la nostra osservazione riesce a penetrare nell'intimo del pensiero dell'artista ed a renderci compartecipi delle sue "creazioni". Bianca non ha timore di rivelarci il mondo interiore, anzi, lo rappresenta con sequenze armoniche di forme e colori in immagini che determinano tipiche atmosfere proprie dello stile dell'artista, stile molto personale e nel quale si riscontrano elementi tecnici e compositivi che danno alla struttura d'insieme una forma intrinseca più che avvincente. A conferire carattere, dunque, forma e senso alla sua vicenda espressiva è stato, ed è, quell'intrinseco intreccio di pittura ed emozioni che sono proprie di una acutissima sensibilità nei confronti dei colori, dei suoni della materia e dello spirito che tradotti sulle tele contraddistinguono, in modo del tutto particolare, la storia di un artista e la sua produzione artistica.
12 Settembre 2011
Mario Guderzo